A che serve scoprire ciò che tiene insieme gli atomi, se si ignora cosa unisce le persone? In questa domanda è racchiusa la singolare vicenda umana di uno dei maggiori chimici di sempre, l’ americano Gilbert Lewis, e il mistero di un premio Nobel sfuggitogli nonostante 35 candidature. Lewis è tra i protagonisti di Cathedrals of Science di Patrick Coffey (Oxford University Press) insieme ad altri giganti della chimica fisica che il Nobel lo vinsero davvero e che tra screzi, ripicche e invidie animarono un mondo scientifico governato più dall’ arbitrio e dalle roventi passioni umane che dalle algide leggi dell’ universo.
Geni come Irving Langmuir, che sviluppò la lampadina incandescente ripiena di gas e fondò la chimica delle superfici, e Walther Nernst, padre della terza legge della termodinamica, uomo pieno di virtù (non si piegò al nazismo) e di difetti. Einstein lo definì “vanitoso come un bambino”, ed era leggendaria la sua permalosità: «Nel 1897 andò a trovare il chimico Svante Arrhenius a Stoccolma, portando con sé una delle lampadine elettriche che gli erano valse un milione di marchi dalla AEG, ma quando il prototipo causò un blackout nell’ albergo dove avveniva la dimostrazione, Arrhenius commise l’ errore di ridere un po’ troppo forte», spiega Coffey.
«Offeso a morte, Nernst da quel giorno attaccò ripetutamente Arrhenius con articoli contro i suoi studi sulla conduttività. Arrhenius ribatté contestando l’ originalità delle scoperte di Nernst sul voltaggio e usò più volte la sua influenza sul comitato del Nobel per ostacolarne l’ assegnazione a Nernst». Poco piacevole deve essere stato il rapporto tra Nernst e Gilbert Lewis: dopo la loro collaborazione a Gottinga, quando nel 1904 Lewis accettò un incarico di funzionario statale nelle Filippine, portò con sé un solo libro: la Chimica teoretica di Nernst, e passò un anno intero a scovarne gli errori, con accanimento sospetto.E un nemico solo non poteva bastare allo scorbutico Lewis, che nel 1907 tenta di invadere il campo della termodinamica con uno studio dal titolo ambizioso (“Bozza di un nuovo sistema di chimica termodinamica”) dove bolla il lavoro di Nernst e Arrhenius come “non sistematico”, “inesatto”, e “insufficiente”. L’ indispettito Arrhenius, da quel momento, si adopererà per boicottare le molte candidature di Lewis al Nobel. Ma l’ uomo più odiato da Lewis fu Irving Langmuir, suo esatto opposto. Tanto era misantropo Lewis, tanto era estroverso e abile nelle pubbliche relazioni Langmuir. E anche in questo caso il fantasma del furto di idee invase la mente di Lewis, che scoprì per primo il legame covalente (quello che si ha quando due atomi mettono in comune una coppia di elettroni) nel suo lavoro del 1914, L’ atomo e la molecola, ma dovette interrompere il lavoro per servire la patria nella Prima Guerra Mondiale. Nel 1919 Langmuir riprese l’ intuizione di Lewis, dandole più salda struttura matematica. La maggiore visibilità di Langmuir, che a differenza di Lewis non si tirava mai indietro di fronte alle lauree ad honorem o agli inviti a parlare in pubblico, fece sì che la teoria del legame covalente venisse indicata come “di Lewis-Langmuir”, cosa che scatenò l’ ira di Lewis. Gilbert Lewis morirà nella solitudine del suo laboratorio a Berkeley, il 23 marzo 1946, in mezzo a vapori di cianuro fuoriusciti da una provetta caduta. Il verdetto del coroner sarà “morte naturale per attacco cardiaco”. Quello stesso giorno la facoltà di chimica di Berkeley ebbe la visita di un ospite speciale: Irving Langmuir (Nobel già dal 1932), chiamato a ricevere una laurea ad honorem. Lewis non seguì la cerimonia, ma secondo alcune testimonianze pranzò insieme all’ eterno rivale Langmuir. Nessuno sa cosa si dissero,e dai registri dell’ Università le tracce di quell’ incontro evaporarono: un po’ come il cianuro, un poco comei sogni di gloria. (© La Repubblica / Giuliano Aluffi)
Ottobre 31, 2014scienza